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Gestire in modo preciso e puntuale il rischio infettivo all’interno delle strutture sanitarie è, oggi, considerato un aspetto non più rimandabile.

Sebbene, infatti, molte siano le normative nazionali ed internazionali che ormai da qualche anno disciplinano i parametri da rispettare e definiscono le linee guida da seguire per abbattere il fenomeno, l’incidenza delle Infezioni Correlate all’Assistenza (ICA) rappresenta una criticità nel panorama sanitario mondiale.

Rischio infettivo: quando i dati fanno riflettere

Secondo quanto riportato in un articolo del 28 luglio 2020 pubblicato su “Evidence”, il giornale di libera consultazione della Fondazione Gimbe, “ogni anno, nell’Unione Europea circa 3,2 milioni di pazienti si ammalano per infezioni contratte durante la permanenza in strutture ospedaliere. Di questi, circa 37.000 muoiono a causa di conseguenze correlate a tali infezioni. Il rischio infettivo, ossia il rischio per pazienti, visitatori e operatori di contrarre un’infezione occupa un posto particolare in ragione dell’entità del rischio, della complessità dei determinanti e del trend epidemiologico in aumento”.

A seguito della forte incidenza del rischio infettivo sullo stato di salute dei pazienti, nel maggio 2022 l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha stilato il primo Report globale sulla prevenzione e controllo delle infezioni. Questo si è reso necessario perché nell’ultimo decennio le grandi epidemie, come quella di Covid-19, hanno evidenziato le criticità dei sistemi sanitari in relazione allo stato di preparazione per una risposta alle epidemie nonché dei programmi di prevenzione e controllo delle infezioni (Infection Prevention and Control – IPC).

È stato rilevato, infatti, come una scarsa attenzione a questi programmi contribuisca ad arrecare gravi danni a pazienti, personale sanitario e visitatori. Come riportato nel Report, nel biennio 2021-22 solo il 54,7% dei Paesi è risultato essersi dotato di un programma attivo di prevenzione e controllo delle infezioni con Piani di lavoro annuali e un budget dedicato, e di questi solo il 3,8% con programmi che soddisfacevano tutti i requisiti minimi dettati dall’OMS.

Sulla base dei dati sopra evidenziati, risulta evidente la necessità di trovare e adottare delle soluzioni capaci di abbattere il rischio infettivo e, di conseguenza, contrastare il fenomeno dell’antibiotico-resistenza.

Rischio infettivo e antibiotico-resistenza

Il rischio infettivo, infatti, porta con sé un altro fenomeno che si sta sempre più espandendo: quello dell’antibiotico-resistenza.

Jim O’Neill, economista ed ex Presidente di Goldman Sachs, quando fu incaricato dal governo britannico di analizzare il problema dell’antibiotico-resistenza e di proporre soluzioni attuabili su scala globale, affermò che “il pericolo per la salute umana rappresentato dall’antibiotico-resistenza è molto più preoccupante del crac finanziario del 2008”.

Era il maggio del 2016, ma la resistenza agli antibiotici o antibiotico-resistenza è divenuto, nel tempo, un fenomeno diffuso in tutto il mondo: da evidenziare come rispetto agli altri paesi europei, in Italia si registra una delle più alte percentuali di resistenza alle principali classi di antibiotici utilizzati in ambito ospedaliero.

Per ridurre questo fenomeno è necessario adottare dei protocolli di Prevenzione e Controllo delle Infezioni (PCI) che, stando al Report dell’OMS sopra citato, si sono dimostrati essere l’arma vincente per ridurre significativamente il rischio di Infezioni Correlate all’Assistenza (ICA) e contrastare proprio l’antimicrobico-resistenza (AMR).

Inoltre, l’attuazione dei programmi di PCI è importante perché gli eventi avversi dovuti a cure non sicure sono molto frequenti: a livello mondiale, infatti, si stima che 4 pazienti su 10 vengono danneggiati dall’assistenza sanitaria primaria o ambulatoriale. Un dato, questo, che deve far riflettere sulla portata del rischio di infezioni correlate all’assistenza.

La tecnologia a supporto delle aziende sanitarie per ridurre il rischio infettivo

Qui entra in gioco la tecnologia. Grazie all’utilizzo di piattaforme digitali appositamente sviluppate e configurate, è possibile seguire un percorso di prevenzione e monitoraggio del rischio infettivo, rispettando quelle che sono le linee guida dettate dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, dall’Unione Europea, dall’Agenzia Italiana del Farmaco e dal Ministero della Salute italiano.

Adottando strumenti di controllo e prevenzione è possibile generare un miglioramento per:

  • Pazienti, favorendo assistenza e cure più sicure e puntuali;
  • Strutture Sanitarie, che vedono ridursi il rischio clinico, il rischio infettivo e l’antibiotico-resistenza, adeguandosi così alle linee guida internazionali e alle norme ministeriali;
  • Sistema Sanitario Nazionale, che grazie all’acquisizione di dati strutturati riguardo alla salute del Paese, può redigere piani d’azione mirati a contrastare l’insorgenza di questo fenomeno.

Una piattaforma per la gestione del rischio infettivo

DARM” (Digital Antimicrobial Risk Management) èuna piattaforma digitale, ad oggi unica sul mercato, sviluppata da Nomos, azienda impegnata da più di trent’anni in sanità nella ricerca, sperimentazione e consulenza sull’innovazione organizzativa e tecnologica centrata sui processi e sulle persone, e integrata con il software H2O di Afea per la gestione dei percorsi clinici delle strutture sanitarie.

Grazie a questa piattaforma è possibile avviare un circolo virtuoso capace di ridurre fortemente il rischio infettivo nonché rispettare tutte le raccomandazioni, le linee guida e le normative attuali e future.

Inoltre, insieme ad H2O Cartella Clinica, è possibile alimentarla con una serie di dati ad alto valore per assistere il personale sanitario nell’adozione di protocolli adatti a contenere il fenomeno.

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