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Per software house come Afea è ora di pungolare le aziende sanitarie verso la digitalizzazione

Se ne parla ormai da mesi: la pandemia ha accelerato il processo di Digital Transformation nella Sanità italiana e i suoi argomenti cardine quali la Cartella clinica elettronica, la Telemedicina, i servizi di prenotazione online, insieme a innovazioni esponenziali come Intelligenza Artificiale, Machine learning, Data Driven, IoMT sono sulla bocca di tutti gli addetti ai lavori. La speranza è che quel cambio di paradigma tanto atteso in Sanità sia ormai alle porte. È veramente così?

Sanità e Connected care: a che punto siamo?

Ricordiamoci sempre da dove partiamo: il settore sanitario italiano paga lo scotto di anni di politiche obsolete e austerità progettuali e finanziarie cui si somma un atteggiamento di indifferenza verso i temi della digitalizzazione che ha sempre caratterizzato le istituzioni sia a livello politico che legislativo.

L’ultimo report pubblicato da Osservatori.net del Politecnico di Milano e intitolato “Il modello della Connected Care in Italia: contesto di riferimento e trend in atto”, si apre proprio con la narrazione di una storia di ostacoli e timidezza nella realizzazione di una sanità “Connected care”, basata su un sistema di cure connesso, altamente personalizzato per il paziente e sostenibile grazie alle tecnologie digitali e ci conferma che la strada da percorrere è ancora lunga.

Nulla di nuovo per chi, come Afea, lavora ogni giorno per sviluppare soluzioni che migliorino processi e attività delle aziende impegnate nella cura della salute dei cittadini-pazienti.

Digital Transformation: cresce ancora la spesa per la Sanità

Fortunatamente però, e lo diciamo a gran voce, lo stesso report pubblicato da Osservatori.net documenta un’inversione di rotta, in positivo, rispetto agli investimenti per la digitalizzazione della Sanità:

“Nel 2019 la spesa per la Sanità Digitale era cresciuta del 3%, raggiungendo un valore di 1,43 miliardi di euro e confermando il trend di crescita già osservato negli ultimi anni”. (figura sotto)

Un trend che incontra il favore dei protagonisti del settore che ora vogliono accelerare il processo proprio a seguito dell’emergenza COVID e della netta rottura che questa ha provocato con il passato: una volta tornati alla normalità infatti non si potrà restaurare il sistema precedente ma ci sarà solo una scelta possibile, il cambiamento. La Digital Transformation appunto.

Per citare ancora il report di Osservatori.net:

“Per il 2020, il 45% dei CIO delle aziende sanitarie stima un aumento delle spese correnti e il 47% una crescita degli investimenti per la sanità digitale”.

Con particolare riguardo per i servizi di telemedicina e video-consulto:

 “Il boom di interesse per la Telemedicina durante il lockdown ha portato a un aumento delle sperimentazioni: il 37% delle strutture sanitarie sta sperimentando il Tele-monitoraggio (27% nel 2019) e il 35% la Tele-visita (15% nel 2019).”

A tutto questo si aggiunge una rinnovata attenzione da parte delle Istituzioni e del Governo Centrale che hanno avviato tentativi di riforma proprio a seguito dell’emergenza pandemica; tentativi che fanno rifermento proprio alla Telemedicina e dunque a servizi di specialistica ambulatoriale a distanza, alla gestione del dato sanitario e alla volontà di tornare a investire sul Fascicolo Sanitario elettronico (ancora una chimera per gran parte dei territori italiani): vedi il Piano Colao, Il Programma Nazionale di Riforma del DEF, Il Documento della Commissione Salute delle Regioni(luglio 2020) e, ultimo ma non ultimo, il famoso MES, ancora non ufficialmente accantonato.

Digital Transformation: non basta la tecnologia, servono strategie chiare

Se i venti del cambiamento spirano da ogni direzione, per raggiungere il traguardo è necessario percorrere la strada giusta anche se spesso può apparire più lunga: non possiamo correre il rischio che tutto questo parlare di digitalizzazione rimanga aria fritta. Dobbiamo essere consapevoli che per realizzare una trasformazione delle organizzazioni sanitarie servono chiare strategie di digitalizzazione.

Il privato ha fatto passi avanti rispetto al pubblico ma, nonostante questo, esiste ancora una forte eterogeneità di situazioni e non tutte le organizzazioni sanitarie private pure o private accreditate hanno avviato un reale processo di innovazione. Questo per ribadire che innovare non significa solo implementare un software all’interno di un sistema complesso, come quello sanitario, dove l’organizzazione del lavoro, la divisione dei compiti, lo svolgimento dei processi, la condivisione delle informazioni se non gestiti bene posso addirittura decretare il fallimento di una soluzione tecnologica.

Già 15 anni fa Afea, rivolgendosi agli attori della Sanità, insisteva proprio su questi temi: innovare vuol dire andare oltre la tecnologia e ripensare i processi operativi e produttivi interni alle organizzazioni. Solo lavorando sui processi e con le persone, le soluzioni tecnologiche sarebbero state in grado di realizzare un miglioramento reale, tangibile.

È arrivato il momento anche per questo. Se vogliamo che la Digital Transformation sia effettiva e dia i suoi frutti dobbiamo agire dalle radici. Così la sfida si fa ancora più interessante e non possiamo permetterci il lusso di perderla. Soprattutto ora che la Sanità è tornata al centro dell’attenzione delle Istituzioni e un giustificato ottimismo in fatto di finanziamenti fa pensare che i fondi potranno esserci per tutti, così come interessanti agevolazioni fiscali a sostegno dei progetti di digitalizzazione.

Allora? Allora, software house come Afea non possono che pungolare le aziende sanitarie e ribadire un mantra: bisogna coinvolgere le persone, i processi e le tecnologie nel processo di cambiamento per realizzare la trasformazione digitale.

I tempi sono maturi, la pandemia ha strappato il velo e messo in evidenza le fragilità della Sanità. Resta una domanda: cosa stiamo aspettando?

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